15.3.07

Pochi giorni fa ho incontrato una poetessa,

una di quelle semplici, che non si credono delle grandi poetesse,

una di quelle del tipo:

Io amerò

Io amerò

nel vento pazzo e accarezzevole d’aprile

nel rovente sole di mezzogiorno a luglio

io amerò

quando la nebbia coprirà i colori

io amerò

poi ancora quando ghiaccio e brina

strozzeranno il respiro alle fontane

io ancora amerò.
.questi font non funzionano molto bene, comunque.

niente, lei mi diceva - e aveva ragione, intendiamoci - che non si può aspettare tanto se c'è da scrivere, si prende un foglio e subito giù.
è indispensabile.
come a volte ti verrebbe da scrivere due righe su quella bambina, quella seduta al tavolo con suo padre, o almeno sembrava che fosse così, che lo guardi e dici: "cavoli, questo è un papà separato che se ne è andato dalla moglie perchè non lo capiva, troppo impegnata a comprarsi gioielli coi suoi soldi da banchiere (perchè infatti si era vicino alla bnl a torino) e lui, con tutti sti soldi, quasi a pensare che l'affetto per una moglie bella ma, come non sarebbe che potuto capire a lui, una squallida donna facile, quelle che un tempo chiamavano "puttane" ma non a pagamento, quelle gratis che vanno con gli uomini perchè si sono stufate di se stesse.
o perchè solo così soddisfano il proprio bisogno profondo di carnalità infinita. ma fore c'è qualcosa che non va, forse manca qualcosa, forse. o forse no. povere donne.
e povero, quest'uomo.

- la bambina intanto si è rovesciata il gelato nella maglietta rosa ed è sbucata una nonna che non si vedeva prima, certamente è la mamma di lui -
cioè, una vita distrutta! quella dell'uomo. ha perso tutto, in fondo. o forse non h mai guadagnato niente, è sempre solo andando perdendo.
un perdente, sì, di quelli incalliti. un perdente incalliti. sfatto, sfinito, senza niente, vuoto fino all'osso e pieno solo del lavoro che fa perchè lì ce l'ha ficcato il padre perchè qualche aggancio ce l'aveva e perchè tanto, un nullafacente di quella specie, non trova certo lavoro.
niente da fare.
ma non ha neanche da piangere, non gliel'hanno insegnato.


ecco, cioè, delle cose così.
vengono in testa, eh, girando in giro per le strade (e non solo per le strade ma anche nel).
scrivere qualcosa su un foglietto, tipo di quelli stropicciati da tenere in tasca che anche se si stropicciano resta sempre qualche angolo vuoto.

certo, bisogna avere una matita. una matita.
guai, una penna non la si deve portare, 1. se scoppia in tasca è uno sbudellamento che non finisce più (quello di ogni madre che si trova a sbraitare dietro a una giacca da lavare) 2. non si vede il colore nè lo spessore (la matita fa intendere chiaro il colore: del tipo che questa è una nota rossa, oppure una nota blu, oppure. è una nota gialla, gialla certamente, ecc) 3. non ragiona. la penna, non ragiona. la matita sì. l'abbiam detto poco tempo fa che la matit, che con la matita si pensa, appena prima appena oltre. non con la penna.
si lascia lì sul foglietto poi prima o poi si ritrova senz'altro.

il foglietto.
tipo come questo o anche un pò diverso, va bene lo stesso.


1 commento:

Anonimo ha detto...

certo che sei un bel cranio... perché non sei andato a dormire?!? cmq condivido tutto: l'elogio della matita e quant'altro. ma non piangere più se sei stanco... ;-)
prof/km