IL PROGETTO DALL'INTERNO 4
Il “progetto dall’interno” è una bella espressione per indicare un concetto immediato e facile. Non è, invece, un’«idea originale»(9) . Prende le mosse, però, dall’assioma per cui l’uomo in uno spazio, prova delle sensazioni, ne viene condizionato (10) , è in relazione continua con esso. Da una parte questo concetto può essere dedotto dal lavoro di Steen Eiler Rasmussen rispetto all’«esperire l’architettura» (11): l’Architettura non è, cioè, un contenitore asettico ma, anzi, una fonte inesauribile di sensazioni verso cui è necessario relazionarsi con tutti i mezzi. È possibile vedere l’Architettura così come sentirla, toccarla, odorarla e pensarla (12). Per altri versi lo stesso concetto di Architettura come percezione è comprensibile da chiunque perché fa parte, appunto, dell’esperienza quotidiana.
L’architettura, cioè, non viene intesa come puro contenitore o scatola ovattata e nemmeno come vuoto circondato da un involucro. L’architettura è prima di tutto uno spazio reale con cui l’uomo entra in relazione. Esso è caratterizzato dalla forma, dalla funzione per cui è costruito, dal luogo e dal tempo in cui è posto, dalle persone per cui è stato progettato.
Il progetto dall’interno intende mettere al primo posto le persone per cui lo spazio è stato progettato e crede di intravedere in questo la soluzione per progettare una forma, per comprendere la funzione, per conoscere il luogo e adattarsi al tempo.
Questo discorso mette in discussione il restauro.
Se l’architettura è, infatti, progettata secondo questi parametri, allora non è possibile “convertire” un’ex industria in abitazioni (i “moderni” loft) perché la forma non è pensata su misura per gli abitanti, la funzione «lavorare» non coincide con la funzione «abitare», il luogo dove è costruito è costituito da un milieu incompatibile, il tempo in cui era inserita aveva prerogative troppo diverse da quelle attuali.
Il restauro non va, dunque, inteso come “la salvezza” degli edifici storici (anche un museo è diverso da un’industria!) e, neppure, come “adattamento” del passato al presente in vista del futuro. È, invece, il progetto di uno spazio a cui si intende cambiare le sue caratteristiche iniziali di forma, funzione, luogo e tempo perché sono cambiate le persone che lo utilizzeranno. Si riconosce, tuttavia, che le stesse caratteristiche teoricamente “non più adatte” a consentire un’alta quali-tà di vita all’utente sono, invece, perfettamente accettate da esso (vivere in un loft pare sia un’esperienza affascinante e estremamente confortevole). Questo deriva da due aspetti: la storia e il passato rivestono per l’uomo un valore molto più alto di quanto non si creda (così a vivere in una baita riadattata ci si “adatta” con piacere se vengono meno molti servizi ritenuti indispensabili in un progetto nuovo) e, soprattutto, poiché forma funzione luogo e tempo dipendono dall’uomo, si comprende come l’uomo, diverso per età, sesso, provenienza, condizioni di salute, ecc, cambi egli stesso i parametri che inizialmente non potevano rispondere alle sue esigenze.
L’esempio del loft è chiarificante: è vero, infatti, che l’abitazione in uno di questi spazi è molto apprezzata (lo dimostra il mercato) ma, certo, non lo è da tutti (un anziano fatica a vivere in un ambiente di questo tipo) in quanto alcuni si trovano a proprio agio con che molto spazio e molta luce mentre altri ritengono di ----->
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9 “Le idee originali non contano; anzi idee veramente originali effettivamente non esistono; contano solo le espressioni di un pensiero comune per tutti, comunicabile e possibile a tutti, che creino una civiltà di linguaggio: le idee si ricevono e si riesprimono: le idee sono ciò che si riflette in noi di un universo d’idee (…): si dice «mi viene» un’idea, non «creo» un’idea: inventare vuol dire, etimologicamente, trovare, non creare.”
“L’architettura è facile: e molto facile, perché la buona architettura è spontanea, è tutta spontanea.”
PONTI, G., Amate l’architettura, Milano: Cusl, 2004.
10 HALL, E.T., La dimensione nascosta, Milano: Bompiani 1969.
11 Preferisco tradurre “Om at opleve Arkitektur”, sua maggiore opera, con «Sull’esperire l’Architettura» invece di «Architettura come esperienza» (Bologna: Pendragon, 2006), titolo italiano, in quanto con esso si perde il valore universale del titolo iniziale: non è rivolto ai soli architetti! Più corretta (perché revisionata da Rasmussen stesso) è la traduzione inglese: RASMUSSEN, S.E., Experiencing Architecture, Cambridge: The M.I.T. Press, 1962.
12 Interessante è, a proposito, l’idea della «sensous house» di Rudofsky per cui, come in Loos, si è ossessionati dall’ “immediate quality of life in the spaces built by man, the quality of the smell, the quality of the texture, of every sensation” (Joseph Rikwert a proposito di Loos, cit. in BOCCO, A., Bernard Rudofsky…, cit.).
Il “progetto dall’interno” è una bella espressione per indicare un concetto immediato e facile. Non è, invece, un’«idea originale»(9) . Prende le mosse, però, dall’assioma per cui l’uomo in uno spazio, prova delle sensazioni, ne viene condizionato (10) , è in relazione continua con esso. Da una parte questo concetto può essere dedotto dal lavoro di Steen Eiler Rasmussen rispetto all’«esperire l’architettura» (11): l’Architettura non è, cioè, un contenitore asettico ma, anzi, una fonte inesauribile di sensazioni verso cui è necessario relazionarsi con tutti i mezzi. È possibile vedere l’Architettura così come sentirla, toccarla, odorarla e pensarla (12). Per altri versi lo stesso concetto di Architettura come percezione è comprensibile da chiunque perché fa parte, appunto, dell’esperienza quotidiana.
L’architettura, cioè, non viene intesa come puro contenitore o scatola ovattata e nemmeno come vuoto circondato da un involucro. L’architettura è prima di tutto uno spazio reale con cui l’uomo entra in relazione. Esso è caratterizzato dalla forma, dalla funzione per cui è costruito, dal luogo e dal tempo in cui è posto, dalle persone per cui è stato progettato.
Il progetto dall’interno intende mettere al primo posto le persone per cui lo spazio è stato progettato e crede di intravedere in questo la soluzione per progettare una forma, per comprendere la funzione, per conoscere il luogo e adattarsi al tempo.
Questo discorso mette in discussione il restauro.
Se l’architettura è, infatti, progettata secondo questi parametri, allora non è possibile “convertire” un’ex industria in abitazioni (i “moderni” loft) perché la forma non è pensata su misura per gli abitanti, la funzione «lavorare» non coincide con la funzione «abitare», il luogo dove è costruito è costituito da un milieu incompatibile, il tempo in cui era inserita aveva prerogative troppo diverse da quelle attuali.
Il restauro non va, dunque, inteso come “la salvezza” degli edifici storici (anche un museo è diverso da un’industria!) e, neppure, come “adattamento” del passato al presente in vista del futuro. È, invece, il progetto di uno spazio a cui si intende cambiare le sue caratteristiche iniziali di forma, funzione, luogo e tempo perché sono cambiate le persone che lo utilizzeranno. Si riconosce, tuttavia, che le stesse caratteristiche teoricamente “non più adatte” a consentire un’alta quali-tà di vita all’utente sono, invece, perfettamente accettate da esso (vivere in un loft pare sia un’esperienza affascinante e estremamente confortevole). Questo deriva da due aspetti: la storia e il passato rivestono per l’uomo un valore molto più alto di quanto non si creda (così a vivere in una baita riadattata ci si “adatta” con piacere se vengono meno molti servizi ritenuti indispensabili in un progetto nuovo) e, soprattutto, poiché forma funzione luogo e tempo dipendono dall’uomo, si comprende come l’uomo, diverso per età, sesso, provenienza, condizioni di salute, ecc, cambi egli stesso i parametri che inizialmente non potevano rispondere alle sue esigenze.
L’esempio del loft è chiarificante: è vero, infatti, che l’abitazione in uno di questi spazi è molto apprezzata (lo dimostra il mercato) ma, certo, non lo è da tutti (un anziano fatica a vivere in un ambiente di questo tipo) in quanto alcuni si trovano a proprio agio con che molto spazio e molta luce mentre altri ritengono di ----->
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9 “Le idee originali non contano; anzi idee veramente originali effettivamente non esistono; contano solo le espressioni di un pensiero comune per tutti, comunicabile e possibile a tutti, che creino una civiltà di linguaggio: le idee si ricevono e si riesprimono: le idee sono ciò che si riflette in noi di un universo d’idee (…): si dice «mi viene» un’idea, non «creo» un’idea: inventare vuol dire, etimologicamente, trovare, non creare.”
“L’architettura è facile: e molto facile, perché la buona architettura è spontanea, è tutta spontanea.”
PONTI, G., Amate l’architettura, Milano: Cusl, 2004.
10 HALL, E.T., La dimensione nascosta, Milano: Bompiani 1969.
11 Preferisco tradurre “Om at opleve Arkitektur”, sua maggiore opera, con «Sull’esperire l’Architettura» invece di «Architettura come esperienza» (Bologna: Pendragon, 2006), titolo italiano, in quanto con esso si perde il valore universale del titolo iniziale: non è rivolto ai soli architetti! Più corretta (perché revisionata da Rasmussen stesso) è la traduzione inglese: RASMUSSEN, S.E., Experiencing Architecture, Cambridge: The M.I.T. Press, 1962.
12 Interessante è, a proposito, l’idea della «sensous house» di Rudofsky per cui, come in Loos, si è ossessionati dall’ “immediate quality of life in the spaces built by man, the quality of the smell, the quality of the texture, of every sensation” (Joseph Rikwert a proposito di Loos, cit. in BOCCO, A., Bernard Rudofsky…, cit.).
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